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Numero di uscita: 42 | mercoledì 9 gennaio 2013

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 Intervista

Confessioni del Karma

Sciolti nel 2006, i Karma's Blame si riuniscono un'ultima volta per raccontare della loro esperienza segnata da critiche per lo più sterili
a cura di Lorena Ramonda
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GEN 9 2009

Due anni dopo lo scioglimento del gruppo, i Karma's Blame si riuniscono davanti ai microfoni di BU.
L'esperienza turbolenta e impegnativa ha segnato ognuno di loro facendo sì che l'allora giovane gruppo non durasse più di tre anni. Anni in cui, ciò nonostante, non sono riusciti a farsi apprezzare dalla critica. Non qui in zona almeno.

La redazione di Be Urself ha voluto indagare sul perché di questo accanimento facendo parlare i diretti interessati.

Innanzitutto, prima di addentrarci a scoprire il perché dello scioglimento del gruppo, raccontantemi come vi siete conosciuti e quando avevate iniziato a formare il gruppo.
ANTO: Ero in classe con Andrea Scherzello che al tempo suonava la batteria e abbiamo così deciso di formare un gruppo. Andrea ha poi portato Pietro (Pietro Parola, ndr.), Pietro ha portato Cera (Andrea Ceraso, ndr) e successivamente Bona (Matteo Bonavia, ndr.) e siamo riusciti a suonare insieme per la prima volta nel 2002.
I batteristi si sono alternati: dopo Andrea c'è stato Stefano Rivara e poi è arrivata Silvia nel marzo del 2003 che noi consideriamo la data di nascita del gruppo.

Da dove nacque l'idea di formare un gruppo musicale?
ANTO: Mah, io sono la persona meno adatta per questa domanda perchè non sapevo assolutamente cosa stessi facendo. Non avevo mai cantato prima, non avevo mai scritto, non avevo mai fatto niente. Mi piaceva l'idea. Ricordo che alla prima prova avevamo affitato quasi tutto, era davvero tutto molto amatoriale.

Quand'è che è finito tutto quanto?
ANTO: Nel 2006. Gennaio, febbraio 2006.

Tre anni dunque.
CERA: Se tu guardi il nostro repertorio, una serie dei brani è stata fatta nel dicembre del 2002 con Bona appena arrivato e Silvia non ancora arrivata. Noi consideriamo, per un motivo affettivo, marzo come data di nascita del gruppo però va detto che certe canzoni sono state fatte prima. Quindi a livello musicale quattro annetti.

Noi vi avevamo visto a Suoni emergenti del...?
ANTO: 2005. È stato un concerto pessimo. Credo che sia stato l'ultimo dei Karma's quello. È stato terribile. A parte che io stavo poco bene. A far tre pezzi avevo fatto molta fatica.
BONA: Forse il live non è andato così eccessivamente male. Ci siamo subìti sempre le solite critiche da parte del solito critico di turno.

Le critiche vi erano già state fatte prima di suoni emergenti?
BONA: Oh si, le critiche ci sono state dal primo concerto ufficiale che abbiamo fatto.
CERA: Diciamo, alla prima uscita seria in occasione del concerto di preparazione all'Arezzo Wave che si teneva a Bra, a Le Macabre. Per dirti il livello della critica: fummo contestati perché Antonio prima di esibirsi si tolse un guanto sul palco. Questo fu un primo appiglio per una critica sterilissima sul nostro atteggiamento.
ANTO:

Va bene essere criticati, cioè ci sta: uno si espone e propone una cosa e la cosa viene giudicata e criticata quindi va benissimo. È proprio la qualità della critica che è sempre stata molto bassa e mai costruttiva. È solo quello il discorso. E oltretutto mi è sempre sembrata un po' cieca come critica nel senso che un conto è parlare di un qualcosa di veritiero, di concreto quindi parlare di un giro di chitarra o un arpeggio, una voce, un testo, un qualcosa di tecnico. Una critica su un atteggiamento, non essendo noi un gruppo professionista, perchè non eravamo professionisti e non lo siamo mai stati, non porta da nessuna parte.
Quindi non venire a romp... ehm.. insomma diciamo, a criticarmi. Sul palco già faccio fatica a starci perchè comunque star di fronte a delle persone che ti ascoltano dev'esserci sempre un buon equilibrio tra quello che si cerca di proporre e quello che si vuole ascoltare dall'altra parte. Se la critica viene fatta, a mio avviso, da un non professionista, da uno che non è un musicista, che ha dei gusti molto personali che può permettersi anche di criticare allo stesso modo The Wall dei Pink Floyd come un disco scadente, orrendo sulla base di nulla,  se la critica è quella, allora secondo me non funziona, soprattutto senza avere voce in capitolo. Se la critica può dare una mano al gruppo come riflessione e non come fonte di arrabbiatura, allora quello va bene.
Insomma un critico è chi si intende di quello che ascolta e giudica su delle basi non puramente personali, ma su delle basi tecniche. Noi ci siamo sempre incazzati per quello.
BONA: Quando fai il critico di una qualsiasi cosa, oltre il piacere di ascoltare della musica che ti piace, che ti trasmette qualcosa, devi però poi dare una valutazione totale. C'è modo e modo di valutare. Se ti devo parlare dei miei sentimenti verso un gruppo se ne parla, se io devo fare il critico devo astenere tutti i miei sentimenti e guardare il gruppo come funziona, che siano i Metallica o siano gli Ska-P, anche cioè di due generi completamente diversi.

Le critiche arrivavano anche da parte di altri?
ANTO: Sì, eravamo stati recensiti anche da Sergio Porracchia. Ed era andato bene. Ma non è che se uno scrive bene, è bello, se uno scrive male, è male. Per quanto mi riguarda la critica o il complimento a me non interessano a meno che non sia da parte di una produzione artistica o lavorativa.
BONA: Le critiche di Porracchia, ad esempio, sono state un sacco costruttive perché noi da quel momento abbiamo avuto una crescita "esponenziale" perchè ci siamo caricati, nonostante le critiche pessime, e abbiamo cominciato a lavorare in modo ultra professionale anche se non eravamo professionisti e fossimo degli studenti. Cioè uscivamo dalle superiori ed eravamo totalmente nuovi per questa esperienza. Di conseguenza è stato un bene.
ANTO: Eravamo nel periodo più caldo. Facevamo tre prove a settimana da tre ore l'una con mezz'ora di pausa.
BONA: Quattro a settimana
ANTO: Si è vero.

Tu Antonio avevi anche fatto parte di un altro gruppo?
ANTO: No, quando ho finito con i Karma's ho suonato con i Lady Rebecca. Avevamo fatto un mese di prove e poi un concerto ai salesiani.

E avevi ricevuto anche qui delle critiche?
ANTO: Si, però, boh, le solite cose. Avevi dubbi a riguardo? Eheheh.

E voi, essendo giovani, ne avete patito anche un po' probabilmente.
ANTO: Sì, perchè non erano facili da digerire. Cioè erano delle cose pesanti dette a dei ventenni, gente che magari crede profondamente in quello che fa, cerca di farlo nel modo migliore possibile. Ero molto giovane. Io avevo vent'anni, adesso ne ho venticinque non è che.. però avevo vent'anni, lei (Silvia) ne aveva quindici. Si mette in gioco tutto, c'è una sorta di timidezza in quello che si fa, almeno io son sempre stato molto timido. Le prime volte che abbiamo fatto un concerto per me è stato incredibilmente emotivo. Io non riuscivo semplicemente a capire come ci si potesse comportare in un modo così crudo con un qualcuno che comunque stava cercando di dire qualcosa.

Ed è stato questo uno dei motivi dello scioglimento?
ANTO: Anche, ma marginalmente...
SILVIA: Credo in parte però, non è che ho lasciato il gruppo per delle critiche del genere.
ANTO: Credo che in questo caso ci sia anche stato l'inesperienza, quindi la non capacità di gestire determinate situazioni. Si sono venuti a creare dei momenti di stress che non abbiamo saputo gestire. Per l'età che avevamo e le idee non potevamo fare diversamente. Sapevamo fare solo così. Tant'è che quando i problemi sono passati dal piano musicale al piano personale non abbiamo saputo tornare indietro rischiando anche di sacrificare i rapporti. Eppure di risultati, nel nostro piccolo, li abbiamo raggiunti perchè io, ad esempio, non riuscivo a capacitarmi di come qui praticamente nessuno ci considerasse. Avevamo degli amici, delle persone che ci seguivano, che venivano ai nostri concerti, ecco, quello sì. Però la risposta che abbiamo trovato a Genova quando abbiamo fatto le selezioni per il Pistoia blues, al quale, poi, peraltro, abbiamo partecipato suonando sullo stesso palco dove poche ore dopo è salito Santana, è stato un grandissimo risultato. Ogni volta che andavamo a suonare da qualche parte, che non fosse, qua andava bene. Forse ci comportavamo in modo diverso, almeno io mi sentivo più a mio agio, quindi magari ero meno scontroso, ero un po' più diretto, però anche il pubblico...
Cioè avere un complimento da una persona che ti conosce è abbastanza semplice, averlo da un'altra che non ti conosce, che non ha alcun tipo di interesse a farti un complimento, ha un peso completamente diverso. Ogni volta che abbiamo suonato in giro, ogni volta che io ricordi perché non abbiamo fatte tante, saranno state, non so, 20 o 30 di date in tutto, abbiamo sempre avuto un'ottima risposta. E quindi è stato molto piacevole tant'è che, oltre aver passato le selezioni per andare al Pistoia Blues, avevamo passato Torino Sotterranea, ci eravamo qualificati abbastanza bene. Per tornare al discorso di prima, la critica c'è stata positiva e negativa. Non è stato quello un fattore di rottura.
SILVIA: Io credo che i fattori di rottura siano molto personali: se a uno ha pesato particolarmente la critica, ad un altro non ha fatto assolutamente effetto.
CERA: Una parentesi molto dolorosa dei Karma's, e comunque significativa di quanto non si sapessero gestire i rapporti interpersonali e situazioni di fortissimo stress autoindotto, fu proprio l'uscita di Pietro perché è stata fortemente legata a un basso rendimento musicale che lui aveva in un determinato periodo per motivi suoi. E nonostante, credo di poter dire, conoscendo le persone con cui ho suonato, fossimo tutti sensibili, insomma più che umani, abbiamo comunque preso la decisione di allontanare Pietro perché non rendeva più sul suo strumento, pur rimanendoci male anche noi. E questo è significativo di quanto una situazione, come quella che noi avevamo creato, potesse prevaricare anche i rapporti umani. È stata una decisione soffertissima, soprattutto per Antonio che aveva iniziato con Pietro e soprattutto per me che tutt'ora sono un amico proprio di Pietro nella vita.
ANTO: Non fu stato semplice perché c'era
l'idea che avevamo del gruppo che doveva andare al di là di qualunque elemento del gruppo. era un discorso veramente pesante perché quando hai a che fare con altre quattro persone è difficile scindere le cose
, l'affetto che si ha da quello che la persona rappresenta come strumentista e di conseguenza chiunque non funzionasse.... Sì, era un discorso sbagliato...
SILVIA: ... ce lo facevamo tutti come discorso.
ANTO: ... e poi per noi al tempo funzionava, per questo parlo di inesperienza, perché comunque c'era la voglia di fare che poi è andata a scatafascio perché non si è saputo gestire la situazione.
SILVIA: Ci siamo fatti proprio un culo pazzesco! Cercare di essere quello che non si può essere, ovvero cercare di essere professionisti non avendo la minima idea di come si possa fare al punto di sacrificare i rapporti umani per questo sogno per il quale dovevamo essere il meglio di noi stessi. Io avevo un'idea quasi malata di tutta la faccenda, alché alla fine ho detto basta. È stato veramente pesante, bello e meraviglioso perché era quello che cercavo quando ho incontrato Antonio, quello che ho costruito per un tot di anni, ma portato all'eccesso a livello d'impegno: io non credo di essermi mai impegnata tanto, è stata la prima volta in cui ci ho messo l'anima a cercare di fare qualche cosa che a molti sembrava un miraggio e io invece ci credevo veramente.
ANTO: La cosa incredibile è che, nonostante avessimo avuto dei problemi interni, i brani che uscivano funzionavano perché lavoravamo talmente tanto sui pezzi che la nostra sintonia era diventata automatica: con quattro prove a settimana di tre ore l'una era come se fossimo vissuti insieme. Eravamo seguiti da una persona che è uno che ci mette l'anima per tirare fuori il meglio delle persone, non è ignorante in materia. Davide Balangero è un professionista incredibile, è un sassofonista pazzesco, ha una conoscenza musicale, per quel che è la mia, quasi illimitata, è un tecnico del suono, lavora braccio a braccio con Enrico Sabena, che comunque è uno che ci sa fare anche lui. È bello essere valutati da quelle persone, cioè quando ti dicono "questo funziona, questo non funziona" si ha un riferimento tecnico e, soprattutto ci può essere una spiegazione di fondo che non ha niente a che fare con guanti e camicie o somiglianze. Questo è importante! Questo dovrebbe esserci di più. È in quella direzione che bisogna andare. Se funziona bene, se non funziona capire dove e perché.
Sarebbe carino se i gruppi locali iniziassero a sabotare un pò il sistema di "critiche", ma sopratutto di "critico" in materia. Perché finché alcuni gruppi locali continueranno a leccare il culo al critichino di turno, l'identità di una band verrà sempre giudicata e vagliata dallo stesso incompetente che dovrebbe aiutare invece di prendersi così sul serio e fare un lavoro che non gli compete.
Dovrebbe esserci più collaborazione tra le bands, come, ad esempio, è stato fatto con Il Condominio di Diverba e soci.
Bisognerebbe che ci fosse dell'impegno per elevare e non per screditare su solide basi di niente i musicisti.
Purtroppo so che voi BU non scriverete a chi mi riferisco quando parlo del "critico", ma se chi leggerà il pezzo  riuscirà ad intendermi, beh allora sarà la prima volta che ho la possibilità di dire ciò che penso da anni di un furbetto, ma in fondo simpatico personaggio, che scrive articoli da rivista scandalistica di bassa lega.

I vostri commenti

  • Mick radio103 dice:
    «Lore non mi piace la scelta di parlare "del critico" senza mettere il nome, che senso ha? Vogliamo affrontare un discorso serio e affrontarlo fino in fondo? Bene, facciamo un dibattito e diamo anche a lui la possibilità di ribattere no? Con questo non voglio tenere le parti a lui, e non scrivo neanche io il nome, perchè cmq questo spazio è tuo, ma giornalisticamente parlando (io sono un giornalista iscritto all'albo pubblicisti) non trovo molto corretto questo comportamento. »
  • Lori dice:
    «Io invece lo trovo corretto.
    Trattandosi di problematiche relative al gruppo in questione e alle critiche del critico sono questioni che riguardano loro per cui non è necessario fare i nomi. Se si deve discutere c'è una base su cui farlo: "Quando fai il critico di una qualsiasi cosa, oltre il piacere di ascoltare della musica che ti piace, che ti trasmette qualcosa, devi però poi dare una valutazione totale." parlando in generale senza accusare nessuno. Quello che qui è riportato racconta l'esperienza di un gruppo, ma si può discutere di critica senza fare particolari riferimenti.
    Io penso.»
  • Mick radio103 dice:
    «Qui è casa tua, quindi rispetto la tua decisione! Continuo a stimare il tuo lavoro e il tuo sbattimento!»
  • Lori dice:
    «Bene, ne sono felice.
    Inoltre, la possibilità di controbattere non è esclusa a nessuno perché credo che sia proprio con il confronto che si cresca mentalmente.
    Non credo che sia il non aver citato il nome ne che neghi la possibilità ad alcuno.
    Rock'n'roll!»
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