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Numero di uscita: 42 | mercoledì 9 gennaio 2013

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Un uomo, la sua chitarra e il suo macbook

“Un’opera per liberare la coppia e la società dallo strategismo sentimentale che le tormenta” (cit.)
a cura di Marco Dalla Stella
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MAG 7 2012

Convenevoli.
Felice Marra è un cuneese conosciuto dai suoi conterranei in quanto inventore della community cuneo2night. Trovatosi per motivi di lavoro in Guinea Equatoriale (?!), Felice ha sentito il bisogno di riprendere in mano le vecchie canzoni scritte ai tempi del liceo e improvvisarsi cantautore. Il risultato è quindi raccolto nell’album, in free download dalla sua pagina web, Malabo 607.

Considerazioni.
L’immagine di copertina ci presenta Felice sotto delle copertine da stanza d’albergo, intento a smanettare sul suo MacBook posto in bella vista. A una prima occhiata verrebbe da pensare alla pubblicità di un centro benessere per manager, ma non è certo questo il problema principale di Malabo 607. Volendo essere brutalmente concisi (perché la brevità, spesso, è un pregio) le canzoni che lo compongono sono banali e noiose. A cavallo tra Gen Rosso ed il peggior Pappalardo (ammesso e non concesso che ce ne sia uno migliore), le tracce si susseguono in una povertà assoluta di idee, costruita sulle più scontate rime che si possano immaginare (cuore-amore, per dirne una) e posta su un impianto musicale che nemmeno le basi midi per karaoke. I contenuti sono un’accozzaglia di scontatezze buoniste come se ne ascoltano solo a Sanremo, con ritornelli da baci perugina e strofe da brufolosa adolescenza incompresa. Basti pensare che quella che dovrebbe essere la canzone-traino dell’album (Non riuscirete a Rubarmi l’Amore) e che viene presentata come “un’insolita interpretazione della crisi economica” è, in soldoni, il trionfo del “si stava meglio quando si stava peggio” e della peggior retorica cattolicante di scuola paraberlusconiana (non siamo lontani dai livelli de “l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio”). Insomma quello che voleva essere un elogio della semplicità e della convivialità, a metà tra mito del buon selvaggio e decrescita felice, si risolve nel perbenismo più becero. Il discorso vale, nella stessa identica misura, per tutte le tracce del disco. Da salvare parzialmente l’ultima Pensieri se non altro in quanto brano strumentale. Qualche armonico ruffiano buttato là a fine album non basta però per risollevare l’ascoltatore, oramai seriamente provato dopo 40 minuti da glicemia a livelli di guardia.

Conclusioni.
Dispiace sempre stroncare un disco, soprattutto quando ci si è impegnati tanto per ciò che si ama e in cui si crede davvero (diversi video su YouTube ci testimoniano il suo autoconvincimento). Una recensione però non è il parere di un amico che non ha il coraggio di dirti ciò che pensa ed è nostro compito dare un’opinione “soggettivamente oggettiva”, se mi passate la forzatura. Sicuro che Felice abbia altri talenti, il consiglio è quello di riscoprirli e coltivarli. Nulla esclude che qualche soddisfazione nel campo della musica potrà anche togliersela (a sagre di paese o in qualche pianobar si sente ben di peggio), ma personalmente ritengo le canzoni di Marra lontane anni luce dalla mia personale concezione di “arte” musicale. La prossima volta che si trovasse in qualche località equatoriale, dunque, il consiglio è di andarsi a vedere qualche bel parco naturale.

voto: 0.5/5

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